Le straordinarie avventure di Jeremy Cohen (Elisa Dioguardi e Alice Delzanno)


Antefatto
Il giovane Jeremy è salpato da Liverpool su una nave mercantile insieme al suo caro amico Roger.


Il viaggio sembra andare a gonfie vele ma un triste giorno una terribile tempesta fa naufragare l'imbarcazione, solo i due amici insieme alla moglie Rachel e al piccolo figlio del capitano sfuggono a una tragica fine.
L' unico modo per sopravvivere è trovare una piroga che porti i sopravvissuti alla foce del fiume Congo dove è possibile trovare una nuova barca per tornare a casa.


Erano tre notti e tre giorni che vagavamo dispersi nella foresta e la sete si faceva sentire, ci eravamo svegliati all'alba e da quel momento stavamo camminando senza sosta.
Ad un tratto udimmo lo scroscio di un fiume, ci mettemmo a correre fino a scorgere un piccolo villaggio abbandonato costeggiato da un torrente.
Le capanne erano ricoperte da muschio e piante rampicanti, ci avvicinammo e il piccolo Peter iniziò a urlare e a sbracciarsi "Ho trovato una barca, siamo salvi! " Noi lo seguimmo, era una piccola piroga in buone condizioni, fatta con liane intrecciate e ricoperta di pelle di puma. Avevamo finalmente ritrovato la speranza di poter sopravvivere, quando il nostro sguardo cadde su un particolare: alcune capanne erano incendiate e delle armi erano state abbandonate lì a fianco...il villaggio non era stato abbandonato ma qualcuno aveva rapito gli abitanti.
" CORRETE! " urlai a squarciagola, all'inizio non capirono ma si misero a correre ugualmente.
Dopo una decina di minuti ci fermammo e Rachel mise le mani davanti a suo figlio in modo protettivo. Dagli alberi saltarono  giù dei banditi che avevano il viso coperto da dei teli neri, non provammo neanche a difenderci perché  erano armati fino ai denti. Ci legarono le mani con dei nodi molto stretti e ci bendarono gli occhi per impedirci di ritrovare il luogo in cui eravamo diretti.
Alcune ore dopo ci ritrovammo in un immenso tempio indiano, al centro si ergeva una enorme statua d'oro che rappresentava la dea Vishnu. Ci lasciarono in angolo buio vicino ad una ragazza anch'essa legata. Sembrava inglese aveva dei lunghi capelli neri come la pece e gli occhi azzurri tendenti allo smeraldo.
Organizzammo  un piano per fuggire; avremmo agito all'alba. 
Durante la notte presi un detrito del muro e lo affilai sul pavimento, appena l' ultima guardia uscì dalla stanza, io con l' aiuto della pietra tagliai la corda che mi legava  poi mi avvicinai ai miei compagni e  alla ragazza e liberai anche loro.
Facendo molta attenzione a non dare nell'occhio ci avvicinammo all'uscita ma quando avevamo quasi scampato il pericolo, la vecchia e fragile collana di Rachel si ruppe e tutte le candide perle caddero tintinnando; il rumore rimbombò in tutto il tempio e le voci delle guardie si fecero sentire.
Presi in braccio il piccolo Peter che urlava e piangeva, iniziammo a correre a perdifiato, ci inoltrammo nella giungla. Ci fermammo solo quando mi accorsi che mio cugino Roger non era con noi. Ebbi una fitta al cuore... non feci  in tempo a tornare indietro che un suo urlo straziante ci raggiunse per terminare in un silenzio inquietante.
Avrei voluto uccidere tutte quegli uomini ma non volevo che il suo sacrificio fosse stato vano, continuai a correre anche se inciampai più volte poichè avevo gli occhi offuscati dalle lacrime.
Al tramonto arrivammo in spiaggia e  sfiniti ci addormentammo.
Ci svegliarono le voci di alcuni uomini, erano mozzi di una nave...Eravamo salvi!
Pregammo il capitano di portarci con lui, dopo vari tentativi accettò a patto che aiutassimo la ciurma. Salpammo, ma ormai il mare non mi piaceva più come una volta: aveva causato troppe perdite.
Nel tragitto ebbi il tempo di conoscere la ragazza, si chiamava Elisabeth e in poco tempo me ne innamorai.
Appena arrivammo a Liverpool ci sposammo mentre gli altri tornarono a casa.
Ma questa è solo la prima delle mie mitiche avventure....