Questa storia è stata ritrovata incisa su una stele
antichissima da un bambino vissuto milioni di anni fa, in una zona del centro
Africa abitata dai primi homo sapiens della terra. Ci sono voluti decine di
anni per tradurla e finalmente possiamo pubblicarla per la gioia dei nostri
lettori.
Mi chiamo Asker e abitavo in un villaggio di palafitte. Un
giorno, alle prime luci dell’alba, nella radura antistante le nostre abitazioni
alcuni triceratopi e brontosauri pascolavano in silenzio. Si trattava di enormi bestioni che
raggiungevano i venti metri di lunghezza con un collo molto lungo per poter
arrivare fino ai rami più alti degli alberi
Quel giorno io ed alcuni miei amici avremmo dovuto
incontrarci lì, ai piedi di una delle colline ricoperte di erba alta e secca
per giocare. Io fui il primo ad arrivare e mentre aspettavo i miei compagni mi
sedetti su una roccia ad osservare il panorama. Sulla pianura soffiava una
leggera brezza mattutina che rendeva più sopportabile l’afa estiva. Alle mie
spalle c’erano le montagne, nelle quali si trovavano le tane di molti dinosauri
carnivori e ciò rendeva quel posto altamente pericoloso. Davanti a me, oltre il
prato si estendeva la foresta dove scorreva l’unico fiume della regione, dal
quale attingevamo l’acqua.
Di lì a poco arrivarono i miei cinque amici con i quali
dovevo fare un gioco che consiste nel vestire uno di noi con vestiti come
gonnellini di paglia e una coroncina di piume tinte di rosso.
Uno, poi deve contare fino a cento e venire a cercare gli
altri ragazzi. Al primo ad essere trovato spetta la penitenza; fare un piccolo scherzo al capo villaggio
senza farsi scoprire. Mentre il vincitore potrà permettersi di saltare una
penitenza nel caso dovesse perdere il turno successivo
Tirammo a sorte chi avrebbe dovuto contare, e a me toccò
nascondermi. I nostri genitori ci avevano dato un limite: potevamo giocare in
tutta la pianura ma senza mai addentrarci nella foresta, che in quelle ore era
diventata il luogo di caccia preferito dai carnivori più feroci e spietati
,come il velociraptor e l’incubo della nostra tribù: il temibilissimo T-Rex .
Appena un nostro amico si girò e si mise le mani davanti
agli occhi noi corremmo a nasconderci .
I miei compagni si addentrarono in una piccola grotta di
fianco alla collina che rimaneva nascosta dall’erba; io non avevo ancora deciso
dove avrei potuto andare. Il tempo a nostra disposizione era quasi terminato e
io mi trovavo davanti alla foresta, dietro un cespuglio ai piedi di un albero.
Ad attirare la mia attenzione fu proprio un uccello dalle
piume colorate che mi impressionò molto; era la prima volta che ne vedevo uno
così. Mi avvicinai per osservarlo meglio, quando improvvisamente con il piede
calpestai un rametto che, frantumandosi, impaurì il volatile che scappò via.
Senza esitare, gli corsi dietro allontanandomi dalla radura .
Era molto più veloce di me e in un attimo mi trovai sulla
riva del fiume, che scorreva impetuoso nel mezzo della foresta . Vidi quel
meraviglioso uccello posarsi su un albero molto alto, sull' altra sponda del
fiume.
Mi fermai un po’ a riposare seduto sotto l’ombra di una
quercia, sempre osservando l’albero sul quale avevo visto per l’ultima volta
l’uccello.
Fu allora che mi resi conto di aver gravemente disobbedito
agli ordini dei miei genitori; e come se non fosse abbastanza avevo smarrito la
via del ritorno. Iniziai perciò a girovagare per il bosco nella speranza di
ritrovare la pianura dalla quale provenivo. All’ improvviso il terreno cominciò
a tremare, i dinosauri più piccoli e gli uccelli lasciarono in fretta il luogo
dove si trovavano e subito, con grande sgomento, mi resi conto di una cosa: non
ero solo.
Capii che un animale gigantesco mi stava seguendo. All’
improvviso udii un ruggito e dei passi che facevano tremare il terreno, poi un
altro ruggito e un altro ancora. Tutto d’un tratto ci fu un silenzio di tomba,
non si sentiva più nulla. Mi voltai lentamente e mi trovai davanti un enorme
tirannosauro che purtroppo sembrava affamato.
La bestia iniziò a corrermi dietro e io, non sapendo cosa fare corsi più velocemente possibile nella foresta, correndo tra gli alberi nel tentativo di ostacolare il dinosauro che avevo alle spalle. Correvo e correvo, ma lui non si allontanava. Mi era quasi addosso, potevo sentire il suo alito sul collo sudato; quando mi ritrovai davanti ad una montagna troppo ripida e alta per poterla scalare. Ai piedi della montagna intravidi una piccola apertura e mi ci lanciai dentro senza pensarci due volte: era la mia unica possibilità di sopravvivere. Mi precipitai al suo interno con il cuore in gola e per mia fortuna riuscii ad entrarci, ma mi feci male alla caviglia. Rimasi immobile e in silenzio per molto tempo poi, quando pensai che il pericolo fosse scampato provai a sporgermi lentamente per guardare fuori: il tirannosauro era sempre lì, appostato davanti all' uscita, aspettando il momento opportuno per assalirmi. Per lo spavento mi girai di scatto, urtai con la testa la roccia sopra di me e persi i sensi.
La bestia iniziò a corrermi dietro e io, non sapendo cosa fare corsi più velocemente possibile nella foresta, correndo tra gli alberi nel tentativo di ostacolare il dinosauro che avevo alle spalle. Correvo e correvo, ma lui non si allontanava. Mi era quasi addosso, potevo sentire il suo alito sul collo sudato; quando mi ritrovai davanti ad una montagna troppo ripida e alta per poterla scalare. Ai piedi della montagna intravidi una piccola apertura e mi ci lanciai dentro senza pensarci due volte: era la mia unica possibilità di sopravvivere. Mi precipitai al suo interno con il cuore in gola e per mia fortuna riuscii ad entrarci, ma mi feci male alla caviglia. Rimasi immobile e in silenzio per molto tempo poi, quando pensai che il pericolo fosse scampato provai a sporgermi lentamente per guardare fuori: il tirannosauro era sempre lì, appostato davanti all' uscita, aspettando il momento opportuno per assalirmi. Per lo spavento mi girai di scatto, urtai con la testa la roccia sopra di me e persi i sensi.
Al mio risveglio era già il tramonto e il tirannosauro non
c’era più. Per non ripetere il precedente errore lanciai un sasso per vedere se
qualcosa si muoveva, poi misi fuori la faccia, in seguito il resto del corpo.
Era tutto molto tranquillo, iniziava a fare piuttosto freddo
e dovevo rientrare il prima possibile a casa. La testa mi faceva male, ma
nonostante la botta mi sentivo in grado di riprendere il cammino. Decisi allora
di arrampicarmi su un albero molto alto per poter avere una visuale completa.
Mi arrampicai perciò fino ai rami più alti di una folta quercia e riuscii a
scorgere un sottile filo di fumo e una luce provenire da una parte della
foresta. In quel momento capii che si trattava del falò acceso dalla mia tribù
per la cena, e quindi mi misi a camminare fino a raggiungere la pianura. Quando
tornai a casa i miei genitori, che erano molto preoccupati, mi chiesero con
voce severa dove ero stato tutto il giorno. Io risposi, massaggiandomi la
testa, che giocando a nascondino mi ero addormentato e che avevo perso la
cognizione del tempo.
Da quel giorno non mi sono mai più allontanato dal mio
villaggio.