Sbarcammo all’aeroporto de Il Cairo più o meno verso le 22.00. Il clima era molto
caldo e una metropoli illuminata si contrapponeva ad una landa desolata
apparentemente illimitata. Io e la mia famiglia ci dirigemmo verso l’hotel di lusso
dove avevamo prenotato una camera. Il tragitto in taxi fu una delle parti più
belle del viaggio: i grattacieli svettavano sulle nuvole
e schermi grandi come piccoli appartamenti trasmettevano spot pubblicitari fino
allo sfinimento. Comunque il percorso dall’aeroporto all’hotel fu abbastanza
breve e riuscimmo perfino ad andare a dormire relativamente presto.Il giorno successivo, dopo aver fatto colazione, ci vestimmo
leggeri e, con una grande riserva d’acqua, partimmo per un’escursione nel
deserto del Mojave. Alcune guide turistiche di origine berbera ci affidarono un
dromedario a testa cosìcche potessimo avventurarci in quella distesa di sabbia
e ghiaia. Per circa due ore il viaggio fu tranquillo e rilassante finché mia
mamma non volle fotografare una duna che, a suo parere, aveva un profilo
bellissimo; in quel momento, non chiedetemi perché, il mio dromedario impazzì e
partì veloce come un fulmine verso l’ignoto; provai ripetutamente a fermarlo,
ma ogni tentativo fu vano e finalmente dopo due ore di corsa estenuante,
l’animale si fermò. Erano circa le due del pomeriggio, il sole picchiava
rovente sulla mia testa e persi liquidi ad una velocità sorprendente, finii la
mia sacca d’acqua in meno di un’ora e il velo che mi ricopriva la testa era
leggermente bruciacchiato ai bordi. Non sapevo che fare finché non vidi una
piramide a pochi chilometri da me. Avviai il mio dromedario e assieme ci
dirigemmo verso il monumento funerario.
Durante il tragitto mi posi varie domande, ad esempio: Come mai i miei genitori non avevano sentito le mie grida mirate a fermare il dromedario? Perché l’animale era partito così improvvisamente?. Tutto ciò aveva un non so che di mistico ed inquietante. Dopo poco arrivai ai piedi della piramide e, per cercare un po’ di ombra, vi entrai. Pur sapendo che le piramidi erano dei veri e propri labirinti, mi insinuai in uno stretto corridoio secondario, quando improvvisamente una porta dietro di me si chiuse. Era buio pesto, la paura prese il sopravvento e nel disperato tentativo di aprire la porta mi resi conto di avere accanto un paio si scheletri con delle torce in mano. Un grido di paura eccheggiò per la stanza e con coraggio derubai uno scheletro della propria torcia. Riuscii ad accenderla e il buio venne battuto dalla luce del fuoco. Pitture rurali e strani segni sul muro catturarono la mia attenzione. Anubis, il dio sciacallo della morte, era raffigurato in molte di queste pitture: la cosa era inquietante. Al termine di questo corridoio una stanza immensa e lastricata d’oro si stagliò davanti a me: cumuli di monete d’oro e statue altissime dominavano ai lati mentre al centro tutto era sovrastato da un sarcofago d’oro e d’argento, il quale era lungo più di tre metri e presentava varie incisioni. Decisi di aprirlo e al suo interno non trovai una mummia bensì una cosa ancora più strana… un mondo intero. Esatto: vidi un panorama tipico dell’antico Egitto: una città di pietra nel bel mezzo di un’oasi desertica. Ero disorientato, avevo la nausea e probabilmente svenni. Al mio risveglio ero in una stanza dorata simile a quella della piramide ma non c’erano i cumuli d’oro e le finestre erano oscurate da tende di seta. Appena alzai la testa dal letto notai due persone a guardia della porta e un uomo, in antichi abiti, mi guardò esterrefatto. Provai a dire qualcosa ma dalla mia bocca uscivano strane parole che non avevo mai sentito ma di cui comprendevo il significato. Ero stato portato in un palazzo reale e girovagando per esso mi resi conto di conoscerlo quando improvvisamente scattò qualcosa nella mia mente: adesso ricordavo. Presi dei vestiti eleganti dal mio armadio e uscii su una terrazza affacciata su una grande piazza e su tutta la città. Sotto di me c’erano migliaia di persone accampate. Mi feci coraggio, alzai il pugno in segno di potere e annunciai: POPOLO, SONO TORNATO! Un grido di approvazione si levò dalla folla. Esatto, sono il faraone d’Egitto.
Durante il tragitto mi posi varie domande, ad esempio: Come mai i miei genitori non avevano sentito le mie grida mirate a fermare il dromedario? Perché l’animale era partito così improvvisamente?. Tutto ciò aveva un non so che di mistico ed inquietante. Dopo poco arrivai ai piedi della piramide e, per cercare un po’ di ombra, vi entrai. Pur sapendo che le piramidi erano dei veri e propri labirinti, mi insinuai in uno stretto corridoio secondario, quando improvvisamente una porta dietro di me si chiuse. Era buio pesto, la paura prese il sopravvento e nel disperato tentativo di aprire la porta mi resi conto di avere accanto un paio si scheletri con delle torce in mano. Un grido di paura eccheggiò per la stanza e con coraggio derubai uno scheletro della propria torcia. Riuscii ad accenderla e il buio venne battuto dalla luce del fuoco. Pitture rurali e strani segni sul muro catturarono la mia attenzione. Anubis, il dio sciacallo della morte, era raffigurato in molte di queste pitture: la cosa era inquietante. Al termine di questo corridoio una stanza immensa e lastricata d’oro si stagliò davanti a me: cumuli di monete d’oro e statue altissime dominavano ai lati mentre al centro tutto era sovrastato da un sarcofago d’oro e d’argento, il quale era lungo più di tre metri e presentava varie incisioni. Decisi di aprirlo e al suo interno non trovai una mummia bensì una cosa ancora più strana… un mondo intero. Esatto: vidi un panorama tipico dell’antico Egitto: una città di pietra nel bel mezzo di un’oasi desertica. Ero disorientato, avevo la nausea e probabilmente svenni. Al mio risveglio ero in una stanza dorata simile a quella della piramide ma non c’erano i cumuli d’oro e le finestre erano oscurate da tende di seta. Appena alzai la testa dal letto notai due persone a guardia della porta e un uomo, in antichi abiti, mi guardò esterrefatto. Provai a dire qualcosa ma dalla mia bocca uscivano strane parole che non avevo mai sentito ma di cui comprendevo il significato. Ero stato portato in un palazzo reale e girovagando per esso mi resi conto di conoscerlo quando improvvisamente scattò qualcosa nella mia mente: adesso ricordavo. Presi dei vestiti eleganti dal mio armadio e uscii su una terrazza affacciata su una grande piazza e su tutta la città. Sotto di me c’erano migliaia di persone accampate. Mi feci coraggio, alzai il pugno in segno di potere e annunciai: POPOLO, SONO TORNATO! Un grido di approvazione si levò dalla folla. Esatto, sono il faraone d’Egitto.